Cosa fare a Marrakech: dal pastello dei riad all’ocra della kasbah. 

930 giorni fa bevevo il mio primo tè alla menta affacciata su Jemaa El Fna. Il primo tè dopo ore tra scimmie, spezie e olio di Argan. Il primo tè dopo 8 ore di slalom tra muli, motorini e biciclette. Serve poco più di un’ora per entrare nelle logiche della contrattazione e nell’assuefazione da cumino, poco meno di 30 secondi per scoprire la dipendenza da baghir e l’abc della sopravvivenza da pedone.

Dopo 930 giorni sono tornata a Marrakech. I motivi del mio ritorno non si contano sulle dita di una mano: un compleanno, i 25° a novembre, i baghir caldi a colazione, le ceramiche colorate, l’ocra. Fermarmi, vivere Marrakech non solo come punto di arrivo e partenza, parentesi tra il nord e il sud del paese, ma dedicarmici totalmente. Se la prima visita segue a grandi linee gli itinerari da guida, la seconda, certamente più matura, preferisce seguire l’istinto.

Spesso raggiungibile con la salvifica Ryanair a meno di 100 euro a/r, Marrakech è un assaggio d’Africa, la destinazione perfetta per un long weekend oltre i confini del nostro continente. Tre o quattro giorni che possono essere anche la base per un tour più articolato all’interno del paese.

Cosa fare a Marrakech

Quali esperienze vivere nella città rossa? I fondamentali li trovate nella prima parte del mio itinerario verso Legzira. Questo articolo vuole essere una sorta di post-it colorato con le ultime scoperte, alcuni indirizzi da segnare e qualche consiglio.

Dormire in un riad a Marrakech

Microcosmi incuneati nei vicoli della Medina, nascosti da una porta, celati dagli sguardi. Dopo ore sospese in una bolla di voci, clacson e marmitte rumorose, il silenzio può letteralmente travolgere: ed è subito tè alla menta, morbidi cuscini, candele e luce soffusa. Una collezione di dettagli che parla di Africa, di mani che tessono, ricamano e intarsiano. La colazione è in terrazza, con calma, al sole: non mancano mai baghir e succo d’arancia, omelette e marmellate fatte in casa. La cena è a base di zaalouk di melanzane e tajine; sempre, è il momento del tè. Dormire a Marrakech è immancabilmente sinonimo di riad.

Tips: Riad Lalla Bahia Marrakech, 40 Derb Lalla Chacha Douar Graoua.
L’elegante cura di ogni singolo dettaglio lascia intuire la proprietà francese, il grande sorriso di Omar e l’eccelsa cucina esplicitano senza troppi giri di parole il senso dell’ospitalità marocchina. A circa 10 minuti a piedi da Jemaa El Fna, è un microcosmo dalle tinte pastello e dall’assoluta tranquillità; a chi si ferma a Marrakech per più di una notte, consiglio di cenare almeno una volta nel riad per perdersi nei caldi profumi speziati della cucina casalinga (ricordatevi di anticipare la vostra presenza a cena il giorno precedente).

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Dove mangiare la tanjia a Marrakech

Presto o tardi, arriva per tutti il momento di un mea culpa. Oggi è il mio turno. Chiedo venia per aver ignorato fino a quest’ultimo viaggio in Marocco l’esistenza della tanjia, per essermi concentrata sempre e solo su tajine e cous cous, per non aver scoperto prima IL piatto tipico di Marrakech. Il piatto dell’amicizia, cucinato esclusivamente dagli uomini (nel prossimo post vi racconterò la sua storia): agnello, cumino, Ras el Hanout (un mix di 20 spezie), zafferano, limone candito, burro e olio, cotti in una giara di terracotta (chiamata appunto tanjia) sotto la cenere del forno a legna che scalda gli hammam, per circa 6 ore. Insomma, durante il vostro viaggio a Marrakech ritagliatevi il tempo per una cena a base di tanjia.

Tips: Haj Mustapha, Souk Ableuh (souk delle olive).
Un locale molto, molto, molto semplice, nascosto tra le bancarelle del suok delle olive, a est di Jemaa El Fna. Non lasciatevi intimorire dall’aspetto forse troppo popolare del tutto, o dal gatto seduto accanto al vostro tavolo: aspettate la vostra tanjia e godetevela. Qui, peraltro, non si serve altro.

Il souk dei tintori a Marrakech

Durante il mio primo viaggio a Marrakech avevo onorato la sacra visita alle concerie, un’esperienza un po’ forte, soprattutto per i nasi delicati. Questa volta, la mia strana dipendenza dai colori mi ha portato dritta nel Souk Sebbaghine, il souk dei tintori: cascate di lana colorata, ovunque. Nel retrobottega, mani che affondano nei paioli, mani che girano matasse, mani che stendono al sole. Intorno c’è fumo, voci e centinaia di pashmine. A fronte del solito acquisto o della solita mancia, qualcuno degli artigiani vi permetterà di salire sul suo terrazzo. In questo souk arrivano tanti, tantissimi turisti quindi, statene certi, potrete solo illudervi di aver vinto il match, di esservi aggiudicati la pashmina dei sogni a un prezzo concorrenziale. Qui non si fanno affari, vinceranno sempre loro ma, d’altronde, si sa fin dal principio. La mia contrattazione è partita da 350 dirham e si è conclusa a 100 ma, nonostante le decine di souk bazzicati negli ultimi anni, sono ancora lontana dal distinguere un colpo gobbo da una gabbata. L’ho scoperto qualche ora più tardi.

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Dove comprare una pashmina tessuta al telaio a Marrakech

E precisamente, l’ho scoperto qui. Una piccola bottega nel cuore della kasbah, in Triq dar el Makhzan (precisamente accanto al Riad Berta). All’interno c’è solo lui, seduto al telaio, intento a tessere sciarpe, pashmine e stole in seta e cotone, incredibilmente belle, rigorosamente homemade. La contrattazione avviene su un foglio di carta, perché qui va di casa solo ed esclusivamente l’arabo ma, in tutta onestà, non c’è molto da contrattare: lui sorride, vi dice sì e si fa andar bene tutto. Si parte dai 90 dirham del cotone per arrivare ai 130 della seta. Se volete tornare a casa con qualcosa di veramente unico, passate da qui.

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La kasbah di Marrakech

Rue de la Kasbah: il quartiere popolare per eccellenza, lontano da turisti e souvenir. A mio modesto parere, solo in questa parte della città compresa tra Place des Ferblantiers e il Palazzo Reale, si può vivere la vera e semplice quotidianità di Marrakech. Esiste la tranquilla confusione ed è qui che la troverete. I viaggiatori la ameranno.

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Mellah: tra le mura del quartiere ebraico di Marrakech

Anche qui, non ero mai stata. Si respira un po’ l’aria da domenica del villaggio: nella sinagoga si prega tra il blu imperante di sedie e ceramiche, nei vicoli si gioca, nel piccolo e più ordinato souk si passa da una spezia all’altra. Una Marrakech diversa, che vive tra le piazze ariose e il caldo legno di porte e finestre.

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L’amore al tempo del Palazzo El Bahia

Un capolavoro dell’architettura tradizionale marocchina ma, soprattutto, un capolavoro costruito per amore, in onore della concubina preferita del Gran Visir Dar Si Moussa. Il Palazzo della “Bella” è un incredibile labirinto di stanze, cortili e giardini: legni intagliati e intarsiati, marmo, ceramiche di Fez, opere calligrafiche, fontane, aranci e gelsomini. Consigliato agli innamorati desiderosi di chiedere al proprio compagno “e tu lo costruiresti un palazzo così per me?”, agli instagramers di ogni genere e sorta e ai fotografi armati di tanta, tantissima pazienza e dotati del sacro dono dell’attesa. Tutto pur di fotografare il bellissimo cortile centrale in assoluta tranquillità.

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Dove bere una birra a Marrakech

Questo è un indirizzo da segnare se, dopo ore di pellegrinaggio tra i souk, ripiombati nella nuvola di fumo d’arrosto di Jemaa El Fna, siete colti dall’inesorabile, incontenibile, ardente desiderio di una birra. Avete due scelte: sposare totalmente i principi musulmani e buttarvi sul centesimo tè alla menta della giornata o cedere alla lussuria occidentale e concedervi una Spéciale Flag. In tal caso, la meta è il bar del Grand Hotel Tazi (Avenue El Mouahidines all’angolo con Bab Agnaou). Ordinate una local Spéciale Flag, del resto è quella che bevono tutti; accompagnata da pop-corn e olive piccanti in un dehors dalla tappezzeria rossa, ha l’unico difetto di essere concepita in bottiglie da 24 cl. Questo spiega la collezione di bottiglie vuote presenti su ogni tavolo. Molto frequentato dai marocchini e da qualche turista, ricorda un po’ un vecchio e sgangherato saloon degli anni ’50, impolverato e con una rosa rossa al centro dei piccoli tavoli.

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