Sono trascorsi 2 anni.
730 giorni.

Gli ultimi pensieri ad cazzum risalgono all’11 ottobre 2017. Era un mercoledì, come oggi.
Scrivevo di attese, di realtà inclusive, di sospensione, di percezioni, di imperfetto perfetto.

Li ho letti tutto d’un fiato. Come se quelle parole non le avessi scritte io, come quando si divora una storia frementi di arrivare all’ultima pagina ben consci, però, di non voler leggere la parola fine. L’ho letto di nuovo ed è stato proprio a metà di quella seconda avida rilettura che ho capito il perché.

Il perché in questi ultimi due anni, durante questi 730 velocissimi lunghi giorni, mi sia spesso capitato di aprire Messanger e trovare sempre la stessa domanda: perché? Perché non li scrivi più?

Perché? Eh, bella domanda.
Non lo so. O meglio, non so perché ho scritto tanto, davvero tanto, ma non qui.

In questi ultimi 2 anni ho affidato la delicatezza di quelle parole nate dall’intimità di una riflessione alla volatilità di Instagram, preferendo condividerle in una grande piazza affollata piuttosto che tra le familiari mura a cui erano abituati, consapevole della disattenzione di tanti e del profondo interesse di pochi. Il perché non mi è chiaro. Di certo, mi andava così.
Leggere non è semplice. Leggere è lasciarsi travolgere, abbandonarsi, riflettere e no, non tutti sono disposti a farlo. Una sorta di droga, è questo la lettura. Ho sempre pensato che fosse più semplice scrivere, più semplice vomitare un pensiero piuttosto che accoglierlo.

Roberta Longo Instagram @robertalongo_

In due anni accadono cose. Belle, brutte, semplicemente cose.
Si va, si torna. Si torna.

Quindi tornano i pensieri ad cazzum? No, perché in realtà non se ne sono mai andati. Non avevano un titolo, ma c’erano.

In due anni le cose accadono, le cose cambiano. Cambia molto, ma non tutto. Scrivere riesce a contenermi, a placarmi, a non farmi sbandare. Questo non è cambiato.

Un preambolo lungo, come sempre, per dirvi che ho pensato di raccogliere tutto quello che è stato, che ho pensato, che ho scritto, qui. Ho parlato di condivisioni volatili, di parole incastrate in un buco spazio temporale disattento e veloce, troppo, troppo veloce. Mi riprendo i pensieri, i miei pensieri, mi riprendo le parole, le mie parole, e le sposto qui. Datemi solo il tempo di raccogliere tutto.
Si torna.

Cosa sto leggendo

Mille-e-una-notte-libro

“In un mondo dove l’uomo è considerato superiore alla donna, Shahrazàd è riuscita a spezzare con il potere delle parole la spada della tirannia; ha dimostrato, con grazia e sagacia, che l’odio e il tradimento accecano, mentre l’amore incanta il cuore e ci dona la voglia di vivere.”

Sto leggendo Le mille e una notte. Un’opera contemporanea, metaforica, avvolgente.
Che capolavoro.

Perché ho iniziato a “spiegare” il Medio Oriente

Su Instagram (“ancora tu” direbbe Battisti) ho iniziato a “spiegare” il Medio Oriente.
Uso il virgolettato perché lo ritengo un termine davvero molto presuntuoso ma, ahimè, non riesco a trovarne un altro più appropriato; cerco, comunque, di sintetizzare il tutto così: realizzo delle stories con brevi e semplici riassunti, intreccio di storia e politica mediorientale, di solito partendo dall’analisi di un avvenimento di cronaca quotidiana.

Perché ho iniziato a farlo? Semplicemente per rendere di più facile accesso a chiunque narrazioni spesso associate ad un linguaggio “troppo politico, che dà per scontate tante cose.”

Per capire bisogna conoscere, per conoscere è necessario appassionarsi. Per me è stato così, un processo molto naturale: interesse, passione, approfondimento, studio. Uno studio che in un’epoca di assoluto sconforto intellettuale sento la necessità di approfondire, uno studio che se può aiutare anche solo una persona a capirne di più vale la pena di essere condiviso.

Ho deciso di utilizzare Instagram per arrivare a più persone possibili ed è successo che quella catena di scambi, riflessioni, condivisioni è cresciuta e sta crescendo sempre di più regalandomi conversazioni dal valore inestimabile. Grazie.

Tutto il mondo vi vuole bene

Si sa, le tradizioni sono dure a morire. Quindi sì, ve la lascio una gran bella canzone di chiusura, certa di far breccia nel cuore di chi nel 2002 viveva in attesa del Festivalbar. Questo tormentone custodisce, nientepopodimeno, quello che da 17 anni è il mio mantra:

“io sono di nessuno
io sono di tutto il mondo
e tutto il mondo mi vuol bene
io non sono di nessuno
io sono di tutto il mondo
e tutto il mondo è anche mio”

Tutto il mondo vi vuole bene.
A voi, spetta solo cercare di ricambiarlo.

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